Il microbioma intestinale produce sostanze in grado di influenzare il benessere psicologico

Uno studio italiano dimostra l'importanza della comunicazione tra encefalo e microbiota, sottolineando il ruolo modulatorio di alcuni batteri intestinali, i cosiddetti psicobiotici, nel trattamento dei disturbi del sistema nervoso centrale. «I primi cinque anni di vita influenzano lo sviluppo del microbiota intestinale e del sistema immunitario che, a loro volta, possono condizionare l'insorgenza di alterazioni psicometriche, specie negli individui predisposti» esordisce Angela Ancona del Dipartimento di scienze mediche e chirurgiche al Policlinico Gemelli di Roma, prima firmataria di un articolo di revisione su Digestive and Liver Disease centrato sui legami tra generi microbici, disturbi gastrointestinali (GI) e patologie come ansia e depressione.
«Stress ambientali come fumo, uso di alcuni farmaci e antibiotici o un'alimentazione povera di fibre e ricca di proteine animali possono influenzare lo spessore dello strato di muco che riveste l'intestino e alterare così la sua funzione di barriera intestinale; questo può portare al fenomeno dell'intestino 'colabrodo' (leaky gut), caratterizzato dal passaggio nel sangue attraverso la parete intestinale di alcuni prodotti batterici o dei batteri stessi. In questi casi le cellule immunitarie intestinali rilasciano citochine infiammatorie determinando uno stato di infiammazione cronica. In risposta, il sistema nervoso intestinale può attivare l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene che a sua volta scatena la neuro-infiammazione» spiega il coordinatore dello studio Antonio Gasbarrini, professore di Medicina interna all'Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore del Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche. Da qui la possibilità di curare con i batteri intestinali sia le malattie intestinali infiammatorie sia ansia e depressione. «Gli psicobiotici sono una classe speciale di probiotici in grado di influenzare favorevolmente il rapporto tra cervello e batteri intestinali, cioè il funzionamento del gut-brain axis; possono esercitare effetti ansiolitici e antidepressivi agendo sul sistema nervoso intestinale e sul sistema immunitario», spiega Franco Scaldaferri, coautore dello studio e medico del Centro malattie apparato digerente (Cemad) al Policlinico Gemelli. E conclude: «Gli psicobiotici potrebbero in futuro coadiuvare il trattamento di alcune patologie, ma di certo non saranno terapie a taglia unica: andranno personalizzate non solo a seconda della condizione da trattare, ma anche su misura del singolo paziente, partendo dallo studio della composizione del suo microbioma».
Digestive and Liver Disease 2021. Doi: 10.1016/j.dld.2020.11.026
https://doi.org/10.1016/j.dld.2020.11.026