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A modern conceptual framework for study and treatment of Meniere’s disease

Articolo originario

Prosper Menière diede il suo immortale contributo al campo dell’otologia nel 1861. All’epoca, ogni forma di “attacco” veniva raggruppata sotto la diagnosi di “congestione cerebrale apoplettiforme”, cioè un eccesso di sangue nel cervello. Il suo genio fu quello di identificare un sottoinsieme specifico all’interno di questo insieme eterogeneo, i cui sintomi cardinali — acufene, sordità progressiva fluttuante e vertigini episodiche — erano dovuti a una disfunzione dell’orecchio interno.

Settantasette anni più tardi, nel 1938, Hallpike e Cairns in Inghilterra e Yamakawa in Giappone identificarono l’idrope endolinfatico cocleosacculare (EH) come correlato istopatologico della malattia di Menière (MD). Nei successivi 85 anni, molte teorie per spiegare i sintomi della MD sono sorte e poi cadute.

Col tempo è emerso un consenso secondo cui i pazienti affetti da questa condizione presentano un fallimento dell’omeostasi dell’orecchio interno. La causa o le cause di questo fallimento omeostatico e i meccanismi attraverso i quali esso porta a ipoacusia neurosensoriale progressiva e fluttuante e a vertigini episodiche rimangono tuttora sfuggenti.

Negli ultimi anni, nuove tecniche e scoperte nell’istopatologia dell’osso temporale e nell’imaging in vivo dello stesso hanno prodotto importanti progressi in questo campo. Stiamo ora ripercorrendo l’approccio di Menière, prendendo la popolazione eterogenea di pazienti con MD e suddividendola in sottotipi specifici in base al fenotipo clinico.

Tra le caratteristiche cliniche salienti figurano la morfologia dell’acquedotto vestibolare e del sacco endolinfatico, l’età d’insorgenza dei sintomi, il sesso e l’incidenza del coinvolgimento bilaterale. Inoltre, le nuove tecniche di imaging consentono una diagnosi inequivocabile di EH, trasformando la MD da una diagnosi “clinica” a una basata su criteri oggettivi e specifici.

Queste scoperte hanno aperto la strada ad analisi genetiche, alla considerazione di disturbi clinici comorbidi, in particolare l’emicrania, e a potenziali nuovi trattamenti, imponendo anche di rivalutare tutte le terapie considerate in passato. Esse richiedono inoltre nuovi criteri, più rigorosi, per qualsiasi pubblicazione su questa condizione.

In questo articolo esamineremo queste nuove scoperte, discuteremo le loro implicazioni immediate per la pratica clinica e prenderemo in considerazione alcune delle questioni di ricerca più urgenti da affrontare sia a breve che a lungo termine.