Un articolo di
Giuseppe Santopietro
La crisi otolitica di Tumarkin rappresenta una delle complicanze più temibili da parte del paziente affetto da Malattia di Menière.
Tale crisi si manifesta in una percentuale di circa il 2-6% dei pazienti menièrici, solitamente anziani e con una storia di Malattia di Menière di lunga data.
Clinicamente si presenta come una caduta improvvisa, non preceduta da sintomatologia vestibolo-cocleare (assenza di fullness auricolare, intensificazione dell’acufene o vertigine), molto violenta, della durata massima di poche decine di secondi in assenza di perdita di coscienza.
Fisiopatologicamente la crisi di Tumarkin è definita come un attacco improvviso di perdita dei riflessi vestibolo-spinali con conseguente caduta o lateropulsione da deficit acuto della funzione otolitica.
La perdita di tali riflessi è dovuta principalmente ad un interessamento delle macule dell’utricolo e del sacculo, colpite anch’esse dall’azione dell’idrope endolinfatico. La maculopatia che si crea determina una importante e improvvisa asimmetria del tono dei muscoli antigravitazionali, responsabile della caduta nel paziente con crisi di Tumarkin.
Tale crisi viene spesso erroneamente definita drop attack.
Nel drop attack, che ha una eziologia vascolare, però, piuttosto che una caduta si ha un collasso su sé stessi, talvolta accompagnato da perdita di coscienza. La diversità tra la caduta che nella crisi otolitica di Tumarkin può essere in avanti (per interessamento utricolare) o indietro (per interessamento sacculare) spesso con laterodeviazione (il paziente riferisce di essersi sentito improvvisamente spingere con estrema violenza) e l’assenza di perdita di coscienza sono i principali elementi per una diagnosi differenziale corretta.
Secondo la classificazione della Malattia di Menière di Pagnini del 2006, la fase maculare con l’eventuale presenza delle crisi di Tumarkin rappresenta una fase avanzata della malattia.
Tali crisi tendono ad essere autolimitanti risolvendosi spontaneamente nell’arco di alcuni mesi.
Non è obbligatorio che ad una prima crisi otolitica debba necessariamente seguirne una seconda. In molti pazienti con Malattia di Menière in fase maculare si può avere anche solo una crisi di Tumarkin o, come nella maggioranza dei casi, non averne affatto.
L’ultima fase della Malattia di Menière, che segue la fase maculare, è la fase torpida. Quest’ultima è caratterizzata da una ipoacusia neurosensoriale pantonale di grado severo, un deficit labirintico agli esami strumentali e un’instabilità residua in assenza di franche crisi vertiginose.
Nonostante, come già detto, le crisi otolitiche di Tumarkin tendano nella stragrande maggioranza dei casi ad autorisolversi spontaneamente nell’arco di qualche mese, vista la loro intensità, imprevidibilità e potenziale pericolosità spesso si preferisce comunque porre indicazione terapeutica.
Essendo solitamente il paziente affetto da tali crisi in una fase avanzata della Malattia di Menière, con ipoacusia già di grado severo e deficit vestibolare già presente agli esami strumentali, il trattamento di prima scelta è di tipo ablativo, con l’obiettivo di andare spegnere la funzione vestibolare del labirinto dell’orecchio affetto da patologia non andando a peggiorare, dato lo stadio della malattia, la funzionalità cocleare e quindi l’udito.
L’ablazione può essere eseguita sia attraverso l’iniezione intratimpanica di farmaci ototossici, sia chirurgicamente attraverso pratiche quali la labirintectomia, eventualmente associata in casi di un’ipoacusia profonda con udito controlaterale fortemente compromesso ad un simultaneo posizionamento di impianto cocleare, sempre secondo le volontà del paziente, o in alcuni casi la neurotomia (pratica ad oggi molto meno eseguita rispetto al passato).
Prima di una possibile pratica chirurgica si esegue sempre un tentativo, nella maggior parte dei casi sufficiente, con iniezione intratimpanica di Gentamicina (antibiotico ototossico) nelle dosi necessarie per lo spegnimento del vestibolo.
La maggior parte dei casi di pazienti con crisi otolitica di Tumarkin che ricorre a trattamento ablativo riesce a risolvere con l’iniezione intratimpanica di Gentamicina senza dover ricorrere a chirurgia.